Ti è mai capitato di leggere un’opera distopica e pensare: Questo l’ho già visto milioni di volte? Succede, specialmente se si è lettori forti, e con un occhio allenato e smaliziato nei confronti di certi topoi specifici del genere.
Si tratta di elementi di trama che, sebbene efficaci, vengono percepiti oggi come soluzioni trite, scontate: insomma, per usare un’espressione più da parrucchiere che da scrittore, viene a mancare il cosiddetto “effetto wow”.
Questi cliché, che un tempo erano idee innovative, oggi rischiano decisamente di far storcere il naso. Certo, non sono di per sé errori narrativi, e ricordiamoci anche che, nel 2025, è sempre più difficile – se non impossibile – proporre soluzioni del tutto inedite: ma, se inseriti senza un tocco di novità, diventano davvero prevedibili.
Vediamo insieme i quattro cliché più comuni nella letteratura distopica.
I nuovi Adamo ed Eva
Un evento apocalittico e un mondo decadente rappresentano il palcoscenico ideale per un unico personaggio: l’ultimo sopravvissuto. Il protagonista si aggira tra rovine e città fantasma, convinto di essere solo, e di poter unicamente scommettere sulla data della propria morte imminente. All’improvviso, ecco che incontra l’ultima donna sulla Terra: è la “nuova Eva”, con la quale potrà ripopolare il pianeta e dare una seconda possibilità all’umanità.
Questo archetipo ha le sue radici in romanzi come La nube purpurea di Matthew Shiel: un’opera scritta in modo magistrale, e pioniera del genere, se consideriamo che è stata pubblicata nel 1901.
Ma, dato che ben più di un secolo ci separa dal caro Shiel, attenzione a come riproponiamo la sua idea: pena l’annullamento di ogni sorpresa, e un bello sbuffo da parte del lettore.
Quando l’alieno ha la pelle rosa
Tocchiamo qui il mondo della fantascienza che, d’altronde, è una specie di “fratellone maggiore” della distopia: un esploratore o un soldato si trova su un pianeta lontano e ostile, e si prepara al perturbante confronto con forme di vita radicalmente diverse. Saranno viscide? Cammineranno come noi, o strisceranno? Mangeranno con la bocca o con gli occhi? Peccato che i presunti alieni siano sorprendentemente simili agli umani: due occhi, due braccia, due gambe. Il vero alieno, in questo scenario, è proprio lui, e per capire chi è davvero l’intruso, il protagonista non deve fare altro che guardarsi allo specchio…sempre che ne esistano, di specchi, su quel pianeta.
Questo espediente ha certamente la sua potenza: gioca con le nostre aspettative ma, soprattutto, fa leva sulla relatività dei concetti di straniero, diverso, normalità. Ma anche questo, ahimé, è diventato un tantino prevedibile.
Il rimorso della donna segregata
Un terribile regime fondamentalista ha relegato le donne a una condizione di subalternità e segregazione; la causa, molto spesso, è una grave sterilità globale che minaccia la longevità del genere umano. La donna è confinata a un unico “nobile” scopo: sfornare figli. La protagonista femminile, privata al massimo grado della propria libertà, è perseguitata dal ricordo di un passato recente in cui poteva esprimersi, dissentire, vestirsi come voleva, e godere della propria indipendenza.
Il rimorso per non aver lottato quando era ancora possibile si insinua attraverso i flashback, spesso richiamando la figura di una madre attivista che l’aveva avvertita con il monito Non dare la tua libertà per scontata!
Questo tema è stato reso celebre dal capolavoro di Margaret Atwood Il racconto dell’ancella, un’opera che non può non essere citata se si vuole affrontare le questioni di genere: basta non fare un copia-incolla del suo romanzo, se si vuole scrivere una distopia femminista.
Il rimpianto di un pianeta che non c’è più
Questo cliché, non dissimile dal precedente, affonda nuovamente le radici nella post-apocalisse. La Terra è una landa desolata, il protagonista si muove attraverso paesaggi grigi, bruciati, inumani, nel tentativo di raggiungere un el dorado che non sia stato ancora minato dalla distruzione. La narrazione è intervallata da flashback che mostrano il periodo in cui il pianeta era ancora verdeggiante, ma già con addosso l’ombra dei primi segni di collasso climatico. Il rimpianto per non aver agito in tempo è il cuore della narrazione e il principale cruccio che occupa i pensieri notturni del protagonista.
Proprio come nel caso della donna segregata, il tema del rimorso per una Terra abbandonata a se stessa è un motore narrativo potente, oltre che attualissimo: ma anche questo da usare in piccole dosi, proprio come l’Aulin.
Riproporre tali cliché non è di certo un crimine: ma sta a te, scrittore, di prendere quanto ti è necessario da questi temi, e rielaborarli con qualcosa di tuo, di unico, di mai visto.
Se accetti la sfida, e ti metti a scrivere, sei già un grande. Se invece ti trovi in difficoltà, scopri come posso aiutarti.
